La Rabbia

La Rabbia

Introduciamo oggi un tema che molto probabilmente è vicino a molte persone: La Rabbia.
Vediamo insieme cos’è, a cosa serve e perché non è mai del tutto negativa.

La rabbia è una delle emozioni primarie e universali che viene riconosciuta a livello globale anche in diverse culture. Essendo un’emozione primitiva, essa può essere osservata nei bambini molto piccoli e anche in altri animali oltre l’uomo. Sono molto interessanti gli studi dell’universalità delle emozioni di base dell’autore Ekman (qui un approfondimento), in cui si studiano le espressioni “pure” della rabbia, prima cioè che vengano apprese quelle regole che ne controllano l’esibizione. La rabbia, infatti, è generalmente accompagnata da un’accezione negativa, in particolare nella nostra società mostrarsi arrabbiati, avere scoppi d’ira è generalmente un comportamento da evitare, sconveniente.

Ma da dove nasce la rabbia? Per la maggior parte delle teorie la rabbia rappresenta la tipica reazione alla frustrazione e alla costrizione, sia fisica che psicologica. In particolare ci sono quattro tipologie di situazioni che sono alla base di una reazione di rabbia:

  1. minacce alla propria integrità personale e/o dei propri beni materiali. Come quando per esempio troviamo la nostra auto danneggiata al nostro ritorno da una commissione
  2. ostacoli o impedimenti al raggiungimento dei propri scopi/obiettivi. Per esempio quando il nostro notebook si rompe definitivamente a poche settimane dalla consegna di un lavoro o della tesi.
  3. doveri e obblighi spiacevoli o interruzione di esperienze piacevoli, o anche danni alla dignità, autostima o reputazione sociale propria o dei propri cari. In questo caso si parla proprio di frustrazione psicologica. Un esempio può essere quando scopriamo che  un collega ha messo in giro delle voci su di noi che ledono la nostra immagine professionale.
  4. la percezione di ingiustizie verso se stessi o verso i propri cari. Per esempio quando nostro figlio viene accusato di qualcosa che non ha fatto magari da un compagno di classe.

Cosa succede nel nostro cervello nel momento in cui viene percepito una minaccia? L’amigdala è la regione responsabile della nostra reazione: figurativamente potremo immaginarlo come il pulsante rosso dell’allarme. Quando viene attivata vengono secreti grandi quantità di ormoni e vengono attivati migliaia di impulsi elettrici, ovvero le nostre sinapsi.
Questo stato di allerta viene chiamato Fight Flight Freeze: combattere, scappare o congelarci. Quando manifestiamo rabbia stiamo attivando la risposta Fight.

Ma a cosa serve arrabbiarsi? Una spiegazione in termini evolutivi è sicuramente quella che con la rabbia e l’aggressività si definisca la posizione sociale all’interno di un gruppo, il proprio status. Gli animali possono attaccare perché spaventati o perché vengono aggrediti da predatori, per avere la meglio sul rivale sessuale, o per difendere la propria prole.
Negli esseri umani lo scopo sembra più rivolto a modificare un comportamento che non si reputa adeguato. L’arrabbiarsi, motivando chiaramente le motivazioni della frustrazione, sembra essere un modo per ottenere un cambiamento funzionale.

La rabbia si attiva per segnalare un bisogno inascoltato che per noi è importante. Ha una funzione di segnale.
Dirci che dobbiamo fare qualcosa per avere quello che ci serve.
La rabbia, come tutte le nostre emozioni, si accende in una zona del cervello: si “accende” in maniera spontanea, ma è solo grazie alla corteccia pre-frontale, che possiamo innanzi tutto accorgerci della rabbia, darle un nome, individuare il bisogno insoddisfatto, elaborare una strategia per risolvere la frustrazione.
E la strategia sarà sicuramente di esprimere la rabbia, ma nella maniera più funzionale e utile e, soprattutto, nell’intensità migliore.

 

 

Bibliografia:

  • V. D’urso – Arrabbiarsi.  Il Mulino, 2010

 

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